Territorio
STORIA Apri Scheda
Il territorio di Castelnovo era abitato almeno mille anni prima di Cristo, come testimoniano reperti archeologici ritrovati in questi ultimi anni. Parlando di reperti che testimoniano l'attività dell'uomo in queste zone è interessante il ritrovamento di alcuni cocci ceramici decorati, risalenti al XV-XVII secolo, ritrovati in Loc. Cruz (di Castelnovo) ove era ubicata una fornace. I cocci sono stati restaurati ed esposti in mostra permanente dal nome "Scodelle", presso "Villa Sulis" sita in località Costa,17 di Castelnovo del Friuli. L'etimologia del toponimo Castelnovo "Castrum Novum" è legata alla storia del Castello eretto nell'anno 920, allo scopo di difesa contro le sempre più minacciose invasioni degli Ungari. Fu detto "novum" perché posteriore di molti secoli ad altri antichissimi castelli del Friuli. Questo castello appartenne inizialmente ai signori di Castelnovo; passò poi nelle mani di molte famiglie nobili, fino a quando la Repubblica di Venezia, che l'ottenne a spese del Patriarca d'Aquileia, lo concesse ad Antonio e poi a Gerolamo Savorgnan. va detto che, particolarmente scellerato fu l'esercizio del potere da parte di questi ultimi, che regnarono per quasi tre secoli, e sottoposero il popolo ad ogni sorta di angherie ed ingiustizie.
I dati riferiti alla popolazione, tratti da un documento ufficiale datato 6 settembre 1784, parlano di 1.600 abitanti nelle allora sei contrade di Castelnovo (Oltrerugo, Mondel, Riviera, Vidunza, Celante e Paludea) di cui 500 condannati ad emigrare e 659 costretti a questuare in condizioni di estrema povertà.
La famiglia dei Savorgnan si estinse nel 1856. Questo evento segnò l'inizio di una vita più libera per le popolazioni locali che per la prima volta nella storia si trovarono a vivere senza un dominatore.
Estinta la famiglia, anche per il castello iniziò un inesorabile decadimento fino a quando si ridusse in rovina. Con l'andare del tempo il castello perse la sua importanza - anche militare - e andò in rovina, tanto che, nel 1881, fu utilizzato come "cava di pietra" per l'ampliamento della vicina chiesa di San Nicolò.
Va ricordato, particolarmente nefasto, l'anno 1348, nel corso del quale prima un terremoto (avvenuto il 25 gennaio e considerato il più intenso e distruttivo di tutti i tempi) e poi la peste, fecero danni immani e vittime non quantificabili.
Del castello oggi è visibile la torre, adibita a campanile, assieme ad alcuni resti dell'antica costruzione. Si tratta di un luogo simbolico per il paese, testimonianza di antichi scenari, e di suggestive atmosfere.
Importante dal punto di vista storico è anche Colle Monaco (Loc. Celante). Su questo colle, che domina la vallata del torrente Cosa, si trovava una chiesetta cinquecentesca rasa al suolo dal terremoto del 1976 ed ora ricostruita. Di questa chiesa si conservano una statua di pietra del santo titolare (datata 1514) firmata dal Pilacorte e due altari lignei della scuola tolmezzina, ora custoditi nella chiesa parrocchiale di San Carlo a Paludea. La presenza di resti di fortificazioni fa supporre che in epoca tardo-antica Colle Monaco fosse un luogo di vedetta e di controllo della Val Cosa. In seguito vi si stabilì un monaco eremita; questo spiega, forse, l'origine del nome.
AMBIENTE Apri Scheda
Castelnovo offre al visitatore la dolcezza di un paesaggio che cambia in continuazione mentre ci si sposta tra i borghi disseminati tra le verdi colline, ricche di boschi ombrosi e intersecate da piccoli ruscelli di fondovalle.
La pianura è dominata dal torrente "Cosa" che scorrendo lambisce la borgata di Paludea, riflettendo nella trasparenza delle sue acque, la fatica di quelle donne che un tempo si inginocchiavano con faticose manovre per lavare il bucato, immergendo le loro instancabili mani in queste gelide acque. Naturalmente il "Cosa" è stato insieme ad altre, una fondamentale risorsa, per la sussistenza quotidiana dei tempi passati. Tipici esemplari di fauna ittica sono infatti: la trota mormorata, i temoli, il salmerino di fonte e sporadicamente i gamberi di fiume. Anche il torrente "Gerchia", raggiungibile nei pressi della Loc. Oltrerugo, da uno degli innumerevoli sentieri di Castelnovo offre uno spettacolo di splendidi giochi d'acqua tra cascatelle e piccoli rigagnoli.
Nella stagione primaverile tra i colli si aprono vedute caratterizzate dalle mescolanze cromatiche dei boschi e dei prati fioriti. Un tempo questa zona era praticamente un unico giardino ricoperto da frutteti, curati dall'abile mano dell'uomo, su colli ripuliti da sterpi ed erbacce; il progressivo spopolamento del territorio negli anni ha comportato una sorta di ritorno ad uno stadio originario dell'ambiente, lasciando spazio ad un veloce rinvigorimento della flora locale, soffocando così nel tempo le antiche vie di comunicazione e gli antichi panorami.
Con tali premesse, Castelnovo si presenta agli occhi del turista visitatore, pronto per inoltrarsi tra antichi sentieri, ieri percorsi di fatica, oggi veicoli di passeggiate naturalistiche, per ammirarne le varietà di fiori ed erbe, che oltre a costituire una vera peculiarità cromatica di queste zone, rappresentano da sempre un'importante fonte di utilizzo in ambito culinario e medicamentoso. Passeggiando tra i tipici sentieri acciottolati detti "trojs", secondo itinerari precisi curati dalla biblioteca, si incontrano spesso anche i ruderi di vecchie case, di stalle, di muri e selciati, insieme ad ancone e sporadiche tracce di fonti d'acque e fontane. Certamente Castelnovo si presta agevolmente all’ispirazione artistica: i suoi panorami, la sua natura sono stati e sono ancora i soggetti preferiti tra pittori e poeti della zona.
ARTE E CULTURA Apri Scheda
Loc. Celante
Chiesetta di Colle Monaco
Uno scenario suggestivo, dove natura, arte e storia popolare si incontrano armonicamente. Qui sono stati ritrovati resti di fortificazioni risalenti all'VIII-IX secolo, quando Colle Monaco era luogo di vedetta e di controllo della Val Cosa. In seguito vi si stabilì un monaco eremita; questo spiega, forse, l'origine del nome.
Prima del terremoto si ergeva una chiesetta cinquecentesca dedicata a San Daniele. Completamente rasa al suolo dal sisma del 1976, è stata poi ricostruita in loco. Al suo interno si possono ammirare un luminoso Cristo a fresco che benedice il viandante, l’altare maggiore dedicato a San Daniele, il titolare, l’altro altare a San Floriano, il protettore degli agricoltori, dei pastori e dei boscaioli.
All’esterno vi è affresco che rappresenta San Cristoforo, rimaneggiato nel XVII secolo e più volte ritoccato. Di questa chiesa si conservano una statua di pietra del santo titolare (datata 1514), firmata dal Pilacorte e due altari lignei della scuola tolmezzina, ora custoditi nella chiesa parrocchiale di San Carlo a Paludea.
Loc. Vigna
Chiesa di San Nicolò e torre del castello
La chiesa attuale di San Nicolò fu costruita utilizzando in gran parte il materiale del castello in rovina; è dominata dalla residua torre del Castello adattata a campanile.
Vagamente settecentesca, sovrasta il territorio collinare circostante comprendente una quarantina di borgate.
Nel 1810 venne a crearsi la necessità di demolire la vecchia chiesa troppo piccola per contenere i numerosi fedeli. La nuova quella immediatamente precedente all’attuale fu costruita proprio sullo stesso punto.
Nel coro c’era l’altare del protettore San Nicolò, monaco benedettino, riformatore ed animatore e che fu il primo santo bavarese glorificato dalla chiesa universale. La sua devozione si diffuse in tutte le regioni alpine.
La terza e definitiva chiesa - l’attuale - fu costruita tra il 1883 e il 1889 e fu consacrata nel 1895. Dal 1870 fu eretta a parrocchia con decreto vescovile dopo 1400 anni di dipendenza dalla pieve di Travesio.
Al suo interno non ci sono grandi opere d’arte, ma meritano molta considerazione due altari di Luigi Minisini (1816-1901) artista friulano, formatosi a Roma, ma soprattutto a Venezia e che lavorò quasi esclusivamente in Friuli.
E’ da ricordare per i due grandi Angeli del santuario di Madonna di Rosa a San Vito al Tagliamento, per il monumento funebre per l’arcivescovo Zaccaria Ericito nel Duomo di Udine e ancora fra altri l’Angelo della Preghiera nella Chiesa del cimitero di Udine.
Loc. Costa
Villa Sulis
Da poco restaurata Villa Sulis, residenza signorile del XVI secolo (di una delle famiglie strettamente collegate ai famosi Conti Savorgnan), i cui balconi aperti ad arco, incorniciati dal rosso vivo dei gerani, paiono il contraltare delle colline retrostanti.
Dopo il terremoto del 1976 le sue condizioni erano purtroppo precarie tanto che si intendeva demolirla. Il comune di Castelnovo l'ha fortunatamente acquistata e fatta ristrutturare grazie anche ad un contributo regionale.
L’edificio oggi viene utilizzato per manifestazioni ed iniziative culturali locali e sovracomunali. Dal 9 aprile 2001 la Villa ospita la mostra permanente “Scodelle. La ceramica di Castelnovo del Friuli” che comprende una serie di reperti rinvenuti in Loc. Cruz durante una campagna di scavi tenutasi negli anni ottanta, e dove, nel 1500 era in attività una fornace per la fabbricazione del vasellame destinato alla Repubblica di Venezia.
.
Loc. Paludea-Almadis
Sorgente del Tof alla quale si accede attraverso un antico ponte di pietra sul laghetto del torrente Cosa.
…inoltre…
Loc. Paludea
Chiesa di San Carlo
Loc. Praforte Vecchio
Chiesa di San Vincenzo
Loc. Oltrerugo
Chiesa di San Liberale
Loc. Madonna dello Zucco
Chiesa di San Valentino Ex Latteria, al cui interno è stata allestita una piccola mostra con gli oggetti tipici della tradizionale attività casearia.
Loc. Mostacins
Monumento alla Portatrice d'acqua: fontane in pietra dedicate alle donne di Castelnovo che si occupavano di tutto nei periodi in cui i mariti emigravano.
BORGATE Apri Scheda
Castelnovo del Friuli è un mosaico di borgate dislocate tra i colli che caratterizzano e rendono unico questo panorama immerso nel verde:
Almadis |
Graves |
Mostacins |
Belus |
Gris |
Nanis |
Braida |
Madonna dello Zucco |
Oltrerugo |
Castello |
Marons |
Paludea |
Celante |
Martiners |
Praforte |
Ceschies |
Menis |
Rez |
Costa |
Michei |
Rizzos |
Cruz |
Michelins |
Romagnoi |
Davour la Mont |
Mierlis |
Sottocolli |
Faviz |
Mocenigo |
Sottoforca |
Forca |
Molevana |
Spessa |
Franz |
Molimes |
Tisins |
Gai di Molevana |
Molino |
Vidunza |
Ghet |
Mont |
Vigna |
VINI TIPICI Apri Scheda
L'economia locale, di tipo familiare è basata quasi esclusivamente sulla coltivazione di alberi da frutta e delle viti che producono ottimi vini. Le colline castellane furono giudicate morfologicamente adatte alla viticoltura fin dai tempi dei romani, considerati i primi diffusori della coltivazione della vite in Friuli.
Tra i personaggi illustri che apprezzarono questi vini, ricordiamo “il Pordenone”, i vescovi del Concilio di Trento e Napoleone, che li fece requisire per le truppe e gli ufficiali francesi.
Picolit Neri : Da non confondersi con il Picolit Rosso del Friuli o con il Refosco gentile. Il nome significa "piccolino" in quanto con ogni probabilità trae il nome della forma minuta degli acini.
Si coltiva solo nella zona di Castelnovo del Friuli e di Pinzano al Tagliamento ad occidente della provincia di Pordenone.
Vino rosso ottimo da bersi anche fuori pasto, a tavola lo consigliamo con le carni rosse, la selvaggina ed i formaggi stagionati. Ideale sulla cucina del maiale, salumi cotti.
Ucelut : È un vitigno friulano autoctono che da secoli alligna nei colli del Friuli Occidentale e principalmente nelle zone collinari di Castelnovo del Friuli e Pinzano al Tagliamento. Appartiene alle cosiddette "uve uccelline" ossia ai vitigni che fruttificano ai bordi dei boschi e i cui acini venivano appetiti dagli uccelli. Vino da dessert, soprattutto con dolci secchi poco aromatici, ottimo freddo come aperitivo, con una punta di formaggio stagionato. Ideale fuori pasto come vino da conversazione.
Scjaglin : E' un vitigno friulano autoctono noto nelle colline dello Spilimberghese già dal XV secolo. Il nome tre origine da "schiavolino" cioè vino della Slavia, terra posta la limite delle Alpi Giulie. Ora si coltiva solo nella zona di Castelnovo del Friuli e Pinzano al Tagliamento. Vino di grande personalità, chiede piatti altrettanto importanti: inimitabile con crostacei e risotti alle erbe come "sclopit". Ottimo da gustare fuori pasto. Dai manoscritti: " i vigneti posti a mezzodì sono quasi tutti piantati di una sola specie denominata volgarmente schiadina la quale ... in certe posizioni da vini eccellenti per delicatezza e dolce sapore".
Cianorie : Il vitigno non fu mai intensamente coltivato in Friuli, si diffuse soprattutto nel circondario di Gemona e Pinzano al Tagliamento. Dà un vino di acidità non eccessiva dal profumo gradevole e caratteristico, sufficientemente resistente all'invecchiamento. Vino rosso di grande carattere, elegante e piacevole, da carni bianche e rosse, maiale, agnello, arrosti con salse bianche brune. Ottimo da gustare anche fuori pasto.
.
Forgiarin : Prende il nome da Forgaria, paese del Friuli Occidentale. Un tempo il vitigno era molto diffuso nei colli di San Daniele, nello Spilimberghese e nel Maniaghese. Ricco di aromi fruttati che fanno un vino di grande piacevolezza, sobrio e versatile a tavola: dalla pasta e fagioli con cotiche, al pollame nobile, in particolare anitre e faraone fino a fegato e rognoni ai ferri.
Cividin : Vecchio vitigno proveniente dalle vallate del Cividalese diffusosi poi nelle colline del distretto di Maniago, Meduno, Navarons e nella zona di Vito d'Asio. Ora si trova mescolato tra i filari delle altre varietà. Dà un vino delicato e profumato, già apprezzato nel '600 e '700. Vino da antipasti o ideale con salumi prosciutto, pesce di lago, carni bianche, risotti alle erbe, frittate d'erbe.
GASTRONOMIA Apri Scheda
Nell'ottica del recupero delle tradizioni e della cultura locale, la Pro Loco di Castelnovo del Friuli è impegnata da anni nella conservazione delle antiche coltivazioni domestiche (ortaggi e alberi da frutta) con progetti di rivalutazione proposti annualmente in collaborazione con il Comune e la Provincia di Pordenone.
Qui l’arte culinaria riceve un'attenzione particolare. Tiglio, sambuco, malva, tarassaco, menta, erba cipollina, "sclupit", "pistum", asparagi selvatici e funghi sono solo alcune delle innumerevoli varietà di erbe che un tempo venivano utilizzate per le diverse necessità di sopravvivenza quotidiana; come non ricordare le "rivendicules", figure femminili che commerciavano queste erbe in diverse località del Friuli, custodi preziose di un patrimonio di conoscenze nate da una straordinaria integrazione con il loro ambiente naturale.
Il Formaj Salat : Il formaggio salato è un prodotto tipico della pedemontana spilimberghese. La sua origine si perde nella notte dei tempi, quando tra i pascoli e le stalle di Travesio, Castelnovo del Friuli, Clauzetto e Vito d'Asio, l'allevamento delle vacche da latte era intensamente diffuso e praticato. Tale attività si traduceva conseguentemente in un ampia diffusione del commercio del formaggio montasio.
Molti di questi allevatori ma anche diversi ristoratori, possedevano la così detta "salamoia", cioè un preparato di fermenti lattici vivi, con l'aggiunta di panna, acqua, sale e latte, dalla consistenza piuttosto cremosa, adatta a dare al formaggio che veniva immerso, una morbidezza inconfondibile. Questo procedimento viene usato anche oggi ed il formaggio salato rimane sempre una specialità tipica della pedemontana spilimberghese. Particolarmente difficile da conservare, la salamoia va opportunamente trattata, con la periodica aggiunta di panna, acqua, sale e latte. Dopo questa lavorazione, il formaggio assume un gusto intensamente saporito, e quindi gradevole al palato .
Va ricordato che esistono salamoie, conservate in tini di legno, che hanno oltre 160 anni. Il formaggio che ne viene ricavato, risulta così inconfondibilmente appetitoso, rimandando ad un mondo di gusti ormai perduti. Per ottenere questi ottimi risultati è fondamentale operare con molta cura.
Bocconcini di Montasio e Speck : Per trovare le origini di questo piatto, dobbiamo tornare ai tempi dei nostri nonni, quando il reperimento del legname, per il riscaldamento era una delle necessità prioritarie. Così gran parte della famiglia, alle soglie dell'inverno, si recava nei boschi, con accette e seghe, per procurarsi questo materiale. Nella maggior parte dei casi, non si rientrava a casa per il pranzo, ma si accendeva un fuoco e ci si radunava tutti insieme per pranzare e scaldarsi un po'. Il pasto era molto semplice e frugale, composto da formaggio montasio, salame e vino "di casa". Alcuni dei commensali, con una bacchettina di legno appuntita, simile ad un piccolo spiedo, facevano sciogliere il formaggio sulle braci e lo avvolgevano poi dentro una fetta di salame. Proprio da questa abitudine nascono i bocconcini allo speck: un cuoco di Castelnovo infatti, dopo aver riscoperto questa ricetta ha aggiunto una variante, pensando di avvolgerne il cubetto di montasio dentro una fetta di speck, per cucinarlo poi su una griglia o su una piastra calda.
LE CERAMICHE Apri Scheda
Con atto notarile rogato a Travesio e datato 1543,Valentinus figlio del fu maestro fabbricante di olle Lazari di Castelnovo, vendette a mastro Ambrosio, figlio di Gregorio Lazari, un angolo di terreno sito nel suo cortile per costruirvi una fornace di ceramiche. Ulteriori fonti citano più volte magistri, scodellari riferendosi a una pluralità di maestranze in un sistema artigianale organizzato a livello familiare. L'arte della ceramica sembra essere stata una parte significativa dell'identità storica e culturale di Castelnovo da prima del '500 fino al secolo scorso.
La vicinanza delle materie prime (argilla, acqua. legname) farebbe supporre l'esistenza di botteghe organizzate per l'intero ciclo produttivo, dall'estrazione, decantazione e lavorazione dei banchi di argilla fino alla preparazione e alla macinazione dei colori.
I reperti di Castelnovo documentano l'intero processo di lavorazione ceramica. Una volta modellato, il vasellame veniva esssicato immerso in un bagno di finissima argilla bianca liquida (ingobbio), si procedeva quindi a una prima graduale cottura (12 – 24 ore) con una temperatura che raggiungeva i 900°; altrettanto graduale era il raffreddamento (almeno un paio di giorni). Il biscotto (oggetto sottoposto a prima cottura) ingobbiato e graffito (asportazione dello strato bianco con un oggetto a punta per decorazione), veniva dipinto con pigmenti ottenuti da ossidi metallici finemente macinati e disciolti in acqua. I colori usati più comunemente: il verde ramina, giallo ferraccia, di rado pennellate di blu cobalto.Gli oggetti così dipinti venivano resi lucidi e impermeabili grazie ad un rivestimento vetroso (vetrina) ottenuto dalla calcificazione di piombo e sabbia a cui potevano essere aggiunti come fondenti, sali metallici ricavati dal tartaro delle botti che veniva fissato con una seconda cottura.
La fase di cottura costituiva il momento più delicato del lavoro e che poteva compromettere il risultato finale, causando difetti o deformazioni.
LE SCODELLE
Nel 1982 la Soprintendenza Archeologica per i Beni A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia, dopo alcune segnalazioni riferite a sporadici rinvenimenti di reperti ceramici nelle vicinanze del colle dei Cruz, eseguì alcuni saggi di scavo lungo il versante occidentale dello stesso, fino al centro abitato che si sviluppa ai piedi dell’altura, per verificare la natura e la consistenza di eventuali depositi archeologici. Dai saggi effettuati risultarono scarti di materiale fittile, identificati come butti di botteghe artigianali, la cui attività può essere datata tra la metà e la fine del XVI secolo. I reperti di vasellame ceramico rinvenuti, si presentano in stato estremamente frammentario, ma anche sottoforma di esemplari integri, tipologicamente riconducibile ad una produzione tardo rinascimentale di ceramica graffita e dipinta sotto vetrina che faceva capo a una o più officine ubicate nelle immediate adiacenze. Le ricerche tuttavia non hanno permesso di individuare la struttura relativa al vero e proprio impianto fornaciale. Certo in tal senso, non mancano gli spunti per poter individuare un eventuale fonte di scarico di questo materiale, probabilmente gettato dalla zona occidentale del colle in cui potevano plausibilmente essere posizionati gli impianti di produzione. È possibile che il vasellame difettato venisse progressivamente scaricato a valle durante l’attività della stessa officina, oppure disperso in conseguenza della cessata attività delle strutture artigianali. Gli scavi archeologici effettuati negli anni 80 furono la premessa del lavoro condotto per le volontà congiunte del Comune di Castelnovo e della Soprintendenza, il cui risultato si può ammirare nella mostra permanente allestita in Villa Sulis.
Il progetto di valorizzazione dei reperti ceramici cinquecenteschi rinvenuti a Castelnovo del Friuli è ambizioso: l'intento è quello di utilizzare la sede espositiva come laboratorio permanente di studio, attività didattica e sperimentazione riguardante principalmente la produzione di ceramica rivestita. La mostra, la pubblicazione del catalogo ed il convegno di archeometria della ceramica (organizzato il 18-19 aprile 2001) rappresentano quindi il primo passo in questa direzione.
MATERIALE PRODOTTO
Stoviglie da fuoco: pentole, olle in ceramica grezza, utilizzate per la conservazione degli alimenti e per la loro cottura.
Recipienti di grandi dimensioni:capienti contenitori legati alla conservazione dei cibi, dotati di coperchio di legno.
Tubature fittili
Vasellame da mensa: stoviglie da tavola rivestite (scodelle, ciotole, piatti, bacini, boccali)
Le Decorazioni
Per le ceramiche di Castelnovo del Friuli, molti elementi intervengono a favore di una produzione in serie di largo consumo, a cui rispondono gli stessi decori organizzati in schemi geometrici ripetitivi, risolti in una gamma ricorrente di decorazioni. Il vasellame graffito presenta una più varia ricerca ornamentale prestandosi a espedienti estetici di maggiore impatto con soluzioni decorative ottenute a punta e a stecca, monticelli a fondo ribassato, losanghe, fiori stilizzati, denti di lupo, onde, fasci di segmenti verticali e soprattutto cornici a nastro (cifra stilistica della produzione di Castelnovo), rappresentano gli elementi ornamentali più utilizzati. Siano graffiti o dipinti, i soggetti assumono rilievo in una posizione isolata sul fondo dell’oggetto, oppure si sviluppano in una caratteristica trama di cornici concentriche, investendo l’intera forma. I reperti conservano alcuni spunti della tradizione rinascimentale ma rientrano per lo più nella fase tardiva della graffita arcaica.
I Soggetti
Elementi simbolici.
La presenza di una chiave graffita sul fondo di una ciotola potrebbe far riferimento alla confraternita di S. Valentino, presso località Madonna dello Zucco, ipotizzando quindi con la stessa un legame di committenza. Molti altri elementi si possono ammirare tra le decorazioni ceramiche di Castelnovo, tra queste anche un cuore trafitto e una campana.
Ritratti
Alcuni frammenti graffiti riportano ritratti di profilo su fondo decorato, su cui spiccano alberi fronzoluti, soggetti zoomorfi, si tratta di disegni semplificati, solo abozzati con figure di volatili.
Graffite Monocrome
Una parte del materiale esposto è costituita da esemplari monocromi di colore, verde e giallo.
Soggetti araldici
Gli Stemmi nobiliari stilizzati vengono utilizzati con puro intento decorativo. Scritte di particolare interesse risulta il frammento di una ciotola con una scritta corsiva di difficile interpretazione.
Invetriate monocrome e dipinte si tratta di un gruppo di esemplari ingobbiati con invetriature monocrome trasparenti o di colore giallo e verde.
L'argomento è stato trattato anche nella tesi di laurea "Costume e lavoro nell'iconografia della ceramica medievale dal XIII al XV secolo" di Chiara Braida